Basta inasprire le naturalizzazioni!

La decisione del Gran Consiglio di inasprire i criteri per ottenere la cittadinanza svizzera, triplicando il periodo di attesa senza aiuti sociali, è figlia di una politica xenofoba e discriminatoria, che colpevolizza gli stranieri e chi per situazioni di difficoltà chiede aiuto allo Stato. Come PS Ticino ci siamo fortemente opposti a questa decisione e ci impegneremo anche in futuro per una politica più umana.

Nella seduta di martedì 18 febbraio il Gran Consiglio ha approvato la proposta di estendere a 10 anni il periodo di attesa senza aiuti sociali per ottenere la cittadinanza svizzera.
La proposta è confusa e poco umana. Confusa e declamatoria perché dall’ultima revisione, entrata in vigore l’anno scorso, per chiedere la  naturalizzazione bisogna avere il permesso di domicilio (C), per il quale già sono esclusi coloro che percepiscono l’assistenza. L’ordinanza federale inoltre parla di 3 anni: quale senso ha inasprire ulteriormente il criterio passando a 10 anni?

Considerando che il periodo di residenza minimo in Ticino per poter chiedere le naturalizzazione è di 5 anni, questa modifica obbligherà i funzionari a cercare in altri Cantoni eventuali aiuti sociali ricevuti, fatto che renderà ancora più burocratiche e lente le procedure, con il rischio di disparità di trattamento.

Ma la vera opposizione e indignazione verso questa proposta sorge dalla cultura disumana che trasmette, secondo cui gli stranieri sono avidi e sfruttatori del nostro benessere. Messaggi che ormai non si limitano più ad apparire su una certa stampa domenicale, ma che si sono radicati in tutti i partiti borghesi che hanno votato questa proposta. Così facendo si chiudono gli occhi di fronte alla realtà, ossia che si tratta di persone che sono giunte da noi per situazioni di difficoltà nei rispettivi paesi, volenterosi di sostenere con la loro forza lavoro il nostro benessere e partecipare così alla vita economica del paese che li ospita. Con questa iniziativa, dopo anni e decenni di lavoro sottopagato, vittime di licenziamenti o «razionalizzazioni», per una malattia o per maggiori impegni familiari, sono confrontati con il rischio di essere espulsi e di non poter accedere alla cittadinanza svizzera.

Come Partito Socialista ci opponiamo fortemente a questa cultura disumana del sospetto e del disprezzo verso chi è venuto nel nostro paese per contribuire al nostro benessere.  Da parte nostra continueremo a impegnarci anche in futuro per una cultura dell’accoglienza di chi è in difficoltà e a fermare la xenofobia dilagante.

 

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