Commerci bellici: la Svizzera si assuma la propria responsabilità!

Il gruppo Lockheed Martin è la più grande azienda di armamenti del mondo e ha sede negli Stati Uniti. Lockheed Martin produce una vasta gamma di armi convenzionali, ma anche armi nucleari indirizzate a paesi come gli Stati Uniti o il Regno Unito. Gli Emirati Arabi Uniti, durante le guerre in Siria e nello Yemen, hanno utilizzato i caccia F-16 prodotti dalla Lockheed Martin per bombardare delle postazioni civili, violando il diritto internazionale. Parte dei soldi per finanziare la produzione di questi armamenti vengono dalla Svizzera: la Banca nazionale, diverse banche e casse pensioni hanno infatti Lockheed Martin nei propri portafogli di investimento. Nel 2017, UBS ha per esempio investito nel suddetto gruppo almeno 532 milioni di dollari statunitensi.

Quello di Lockheed Martin è solo un esempio tra tanti di questi investimenti innaccetabili, ai quali possiamo porre fine il 29 novembre votando sì all’iniziativa contro i commerci bellici. Questa iniziativa vuole vietare alla Banca nazionale svizzera e alla casse pensioni di finanziare i produttori di materiale bellico, ossia imprese che realizzano oltre il 5% della loro cifra d’affari annua con la fabbricazione di materiale bellico. Secondariamente, in caso di approvazione popolare, la Confederazione deve adoperarsi a livello nazionale e internazionale affinché si applichino condizioni analoghe alle banche private e alle assicurazioni.

Tra i motivi che mi spingono a sostenere questa iniziativa, ne voglio qui citare due. Innazitutto la Svizzera è un paese neutrale con una lunga tradizione umanitaria, che si impegna a livello internazionale per rafforzare i diritti umani e promuovere la pace. È quindi un controsenso annullare questi sforzi investendo allo stesso tempo miliardi nella produzione di armamenti, usati nelle guerre ovunque al mondo. Secondariamente la Svizzera è una delle principali piazze finanziarie a livello internazionale, gestendo un patrimonio di oltre 6943,5 miliardi di franchi che corrisponde al 27% degli averi patrimoniali nel mondo. Circa la metà di questo capitale proviene dall’estero, ma il resto è denaro della popolazione svizzera. Il capitale immesso nell’industria delle armi attraverso le nostre banche, i fondi pensione e le assicurazioni ci rende tutti complici di aziende che traggono profitto dalle guerre, a nostra insaputa. Pur essendo un paese geograficamente piccolo, abbiamo un’importante responsabilità e un divieto svizzero a finanziamenti di produttori di materiale bellico farebbe una differenza a livello internazionale. Niente soldi svizzeri per le guerre del mondo, sì all’iniziativa contro i commerci bellici il 29 novembre!

Laura Riget, copresidente PS Ticino. Articolo apparso su La Regione il 30 novembre

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