È in gioco il nostro futuro

Con questo articolo riprendo in larga parte un mio articolo del gennaio 2009 dedicato all’allargamento degli accordi bilaterali tra Svizzera e Unione europea (UE) a Romania e Bulgaria su cui si votò in quel frangente. Il tema è sempre lo stesso, le ‘fazioni’ non sono cambiate e anche gli argomenti sostanziali sono sempre quelli.

Accettando l’iniziativa popolare UDC contro l’accordo sulla libera circolazione delle persone la Svizzera comprometterebbe l’intero pacchetto degli accordi bilaterali con l’UE e si ritroverebbe isolata. Salterebbero automaticamente in particolare l’accordo sui trasporti terrestri, che stabilisce le modalità di una politica coordinata dei trasporti tra la Svizzera e l’UE e che costituisce la base contrattuale per il prelievo della tassa sul traffico pesante sui TIR europei, l’accordo sull’abolizione degli ostacoli tecnici al commercio, grazie al quale le imprese che esportano nell’UE non devono più sottostare alla burocrazia sulla conformità dei prodotti esportati evitando così la delocalizzazione delle produzioni dalla Svizzera all’Europa e la perdita di posti di lavoro, l’accordo sulla cooperazione scientifica e tecnologica, grazie al quale la Svizzera partecipa a pieno titolo alla cooperazione europea nel campo della scienza e della tecnologia, e l’accordo di Schengen/Dublino sulla sicurezza.

La Svizzera, geograficamente il cuore d’Europa, intrattiene con l’UE degli scambi economici importantissimi, importando dall’UE il 70% dei prodotti ed esportando nell’UE il 52% delle merci destinate all’estero. Chiunque avesse a che fare con un cliente, un partner, un soggetto economico di questa natura vorrebbe fare in modo che i rapporti con esso fossero eccellenti. Il popolo svizzero non ha voluto regolare questi rapporti aderendo allo Spazio economico europeo 30 anni or sono, l’ipotesi dell’adesione della Svizzera all’Unione Europea non è sul tavolo e quindi non resta che la via degli accordi bilaterali. Se con un SI’ il 27 settembre anche questa porta sarà chiusa, il nostro Paese avrà di fatto tagliato tutti i ponti con una realtà economica di 447 milioni di persone con la quale confiniamo totalmente. Una prospettiva catastrofica, che è imperativo valutare con sano realismo e non correndo dietro a facili slogan pericolosi per il nostro benessere futuro.

L’introduzione della libera circolazione delle persone ha portato con sé il cambiamento della tipologia di controlli per l’ottenimento dei permessi di lavoro da parte di lavoratori esteri, ma per prevenire gli abusi sono state introdotte delle misure di una certa rilevanza: la Legge federale sui lavoratori distaccati, la possibilità di rendere obbligatori con più facilità i contratti collettivi, la possibilità di introdurre salari minimi a certe condizioni.

Certo si può e si deve fare di più, nei controlli, ma soprattutto rendendo più facilmente obbligatori i livelli salariali concordati tra i partner sociali nei contratti collettivi, o dall’autorità quando i partner sociali non riescono a mettersi d’accordo tra loro (salari minimi legali generalizzati). Dire SI’ all’iniziativa e rompere con i  bilaterali perché non si sono ancora ottenute tutte le misure che si impongono contro il dumping salariale sarebbe comunque un errore grave. L’isolamento economico della Svizzera non porterebbe alcun benessere ai lavoratori e certo non li aiuterebbe ad ottenere quelle garanzie e quei diritti che oggi ancora mancano. Con tutta probabilità l’effetto sarebbe del tutto inverso, aumentando la pressione su chi lavora e le richieste di maggior flessibilità. Per questo è necessario dire NO, pur continuando a battere il chiodo del rafforzamento delle misure d’accompagnamento.

Se lo si vuole davvero, è possibile evitare gli effetti potenzialmente negativi della libera circolazione delle persone. Lo strumento principe per farlo è il potenziamento dei diritti dei lavoratori, in particolare per quanto riguarda i livelli salariali. Purtroppo a Berna la destra, che fa a parole dei problemi dell’occupazione uno spauracchio in chiave antieuropea, di queste cose non vuole nemmeno sentir parlare, mentre i partiti di centro faticano a sostenere questa visione. A Bellinzona le cose sono un poco diverse, ma la vera battaglia sulle misure d’accompagnamento si gioca sotto la cupola federale, non in Ticino.

In maniera del tutto irresponsabile, la coalizione di chi non vuole riconoscere ai lavoratori dei diritti supplementari con chi ha interesse a che il problema non si risolva davvero, per continuare la campagna ideologica contro tutto quel che non è svizzero, impedisce di fare tutto quel che è possibile mettere in atto per salvaguardare l’interesse generale. Pur di fronte a questi atteggiamenti di inutile chiusura ideologica, oggi l’unica scelta responsabile rimane comunque il sostegno chiaro e netto del rinnovo dei bilaterali attraverso un NO ad un’iniziativa economicamente suicida: ne va del nostro futuro.

Manuele Bertoli, La Regione 31 agosto 2020

 

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