M 6919 Legge formazione continua

Francesco Cavalli 26 gennaio 2015

Signor Presidente Consiglieri di Stato colleghe e colleghi

Porto l’adesione del gruppo socialista alla revisione della legge sull’aggiornamento dei docenti (che diventa formazione continua) e al rapporto commissionale redatto dal collega Franco Celio che ringrazio anche per la tempestività.

Prima di affrontare i contenuti della modifica legislativa vorrei esprimere apprezzamento per le modalità con cui la riforma è stata portata a termine.
Infatti nel gruppo di lavoro che ha rassegnato il suo rapporto nel dicembre 2012 erano rappresentate a pieno titolo quattro organizzazioni rappresentative del corpo docente. Di esse solo una il Movimento della scuola non ha sottoscritto il rapporto mentre le altre tre OCST VPOD e SIT pur esprimendo qualche riserva lo hanno sostenuto valutando positivamente la riforma nel suo complesso. Ora le tre organizzazioni saranno consultate anche nella fase di stesura del regolamento al quale la legge delega parecchi dettagli. Un modo di procedere con il coinvolgimento dei dipendenti che è certamente degno di lode e mi auguro diventi la regola non solo nella scuola.

Nel merito della revisione legislativa toccherò alcuni aspetti particolarmente significativi.

Il cambiamento della definizione da aggiornamento a formazione continua è a mio modo di vedere semplicemente un adeguamento a una terminologia oggi di uso comune in altri ambiti non certo una rivoluzione copernicana. Ma va bene sempre che con coerenza si adeguino anche altre definizioni come richiederò nell’emendamento.

Diritto – dovere
È significativo che finalmente la formazione continua sia considerata non solo un dovere ma pure un diritto del dipendente aspetto finora ignorato. Diritto che non dovrà ridursi a mera enunciazione di principio ma tradursi in pratica corrente. Ciò significa favorire le occasioni di formazione continua proposte dai docenti stessi per il tramite delle sedi dei gruppi di materia o altre organizzazioni. Una pluralità di iniziative che si accompagnerà a un più ampio ventaglio dei contenuti proposti così da consentire un certo equilibrio tra didattica e cultura o se preferite tra competenze e conoscenze. Perché se è chiaro che il docente dovrà perfezionare le sue competenze didattiche e pedagogiche dev’essere altrettanto chiaro che la formazione continua non può prescindere dagli approfondimenti disciplinari. In sintesi l’insegnante deve sapere prima di insegnare. E aggiungo che questi momenti di riflessione culturale non devono necessariamente essere applicabili il giorno dopo nella pratica didattica ma non per questo devono essere considerati inutili o fini a se stessi. Potrei fare esempi vissuti ma non mi dilungo.
Pertanto come affermato dall’Associazione per la scuola pubblica del cantone e dei comuni nell’ambito della consultazione la formazione continua in futuro dovrà considerare maggiormente l’esigenza di una formazione disciplinare culturale e non solo didattico-pedagogica.

Anche in tempo di lavoro
Un altro aspetto positivo è la garanzia che la formazione continua (obbligatoria o facoltativa che sia) contrariamente a quanto auspicato in un atto parlamentare può avvenire anche in tempo di lavoro se necessario con supplenze. Questo perché le offerte spesso molto interessanti non necessariamente tengono conto del calendario e dell’orario scolastico.
Se così non fosse il la possibilità di frequentare corsi o convegni organizzati da terzi magari fuori cantone rimarrebbe puramente teorica.
Cito come esemplare il caso dei docenti di matematica dei licei che organizzano annualmente un corso-convegno che si tiene il venerdì e il sabato con la piena approvazione del DECS. E anche se non interessa a nessuno aggiungo che ci vado ancora.
Più in generale credo nel principio che in qualunque professione scuola compresa la formazione continua dovrebbe avvenire di regola in tempo di lavoro.

Interessante è pure la conferma del congedo di formazione e ricerca benché sia ormai sospeso da molti troppo anni. Da qui l’ovvia domanda: quando potrà essere sbloccato?

Monitoraggio
Altro aspetto importante forse quello che ha fatto discutere di più è il monitoraggio che secondo il messaggio ha due funzioni: da un lato verificare l’attuazione della pianificazione quadriennale e dall’altro permettere di documentare le attività di formazione svolte dai docenti. Quest’ultimo punto non ha raccolto consensi unanimi anche se va detto che i principali punti controversi sono stati smussati e che le associazioni del personale docente potranno ancora esporre il proprio punto di vista nella fase di messa a punto del regolamento nel quale dovrà trovare posto anche una definizione del numero minimo di corsi minimo da seguire sull’arco di due o più anni. È fortunatamente sparita l’idea di quantificare la formazione continua tramite crediti ECTS o similari come qualcuno auspicava. La parola ‘crediti” infatti non c’è nella legge. Ora si parla di un ‘portfolio individuale” termine che non mi piace per niente; meglio sarebbe come proposto dal Collegio degli esperti di Scuola media la redazione di un dossier che renda conto di tutte le attività di formazione. Per ottimizzare la burocrazia si potrebbe anche far capo alla banca dati GAS già operante e che avrà a breve anche base legale. Mi risulta che già adesso vengono registrate le frequenze ai corsi obbligatori; non dovrebbe essere impossibile metterci anche il resto ossia corsi facoltativi convegni e autoaggiornamento.
Il monitoraggio infine ha senso solo se si lascia ampio spazio alla formazione facoltativa perché monitorare solo l’obbligatorio ha poco senso.

Ritengo comunque che il monitoraggio sia una componente importante della formazione continua uno strumento essenziale in funzione dei doveri come pure dei diritti di ogni docente riguardo alla propria formazione. Il docente che cura la propria formazione continua non ha nulla da temere dal monitoraggio anzi esso potrebbe essere una sua difesa nei confronti di denigratori sempre in agguato.
Basta che questo monitoraggio non sia troppo mastodontico producendo una montagna di carta o meglio di bytes.

Aggiungo altre considerazioni dell’Associazione per la scuola pubblica del cantone e dei comuni.

Auspichiamo che gli obblighi della formazione continua siano fissati nel Regolamento d’applicazione secondo un quantitativo ragionevole e che essi possano essere svolti essenzialmente nel tempo di lavoro senza aumentare in modo sconsiderato gli oneri di lavoro che il docente già è tenuto a svolgere fuori dalle ore-lezione. Allo stesso modo il monitoraggio previsto in questo ambito deve svolgersi in modo equilibrato senza correre il rischio di diventare una forma di controllo dell’operato del docente al fine di stabilire chi rientri in un ideale profilo del ‘buon docente” difficilmente quantificabile invece che di promozione della sua formazione continua. Si deve inoltre evitare di appesantire ulteriormente il lavoro burocratico per i direttori gli esperti gli ispettori e i docenti stessi.
Sottolineiamo altresì l’importanza che sia tenuta in considerazione la pluralità di
formazione dei docenti: attività personali d’istituto e del Dipartimento. Mentre accogliamo con soddisfazione che il Gruppo di lavoro abbia richiesto la garanzia di una varietà di enti preposti alla formazione continua evitando così un monopolio della SUPSI-DFA che avrebbe soffocato le iniziative nate all’interno della scuola come ad esempio le proposte formative degli esperti e degli ispettori o l’accesso a corsi di respiro nazionale o internazionale.

In conclusione questa modifica legislativa va sostenuta in quanto tiene conto in modo equilibrato delle esigenze delle diverse componenti della scuola. Come avevo affermato in più occasioni la formazione continua non va imposta dall’alto ma organizzata con la collaborazione dei diretti interessati i docenti. Ed è quello che si sta facendo e mi auguro si continui a fare.
Invito quindi a nome del mio gruppo ad approvare il rapporto della commissione e la modifica legislativa.
Mi riservo di intervenire sugli emendamenti in un secondo tempo.

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