Disparità salariali tra uomini e donne

Il Consiglio federale, mercoledì, ha preso delle importanti decisioni nel campo della parità salariale tra donne e uomini, ma che purtroppo avranno un debole effetto. D’ora in poi, infatti, le aziende sono obbligate a dichiarare e spiegare le loro disparità salariali. Il Consiglio federale rinuncia però all’introduzione di eventuali sanzioni. Eppure le associazioni e le lobby dell’economia si battono anche contro il principio introdotto dal Consiglio federale. Non possiamo perciò evitare di chiederci cosa vogliano cercare di nascondere nell’ambito delle discriminazioni salariali.

L’uguaglianza salariale è garantita dalla Costituzione che definisce anche la protezione nel campo delle discriminazioni. La parità salariale non è un’esigenza rivoluzionaria né il frutto di un gesto simpatico: si tratta di mettere in atto quanto formulato dal nostro diritto. Le differenze sulla globalità dei salari giunge al 20% e sale fino al 30% per le donne sposate. Per mettere in atto il principio della legge nella realtà, occorre agire. L’obbligo di dichiarare delle disparità salariali dovrebbe essere accompagnato a delle sanzioni perché altrimenti non è altro che una dichiarazione d’intenzioni.

Le aziende si sono applicate le norme che interessano loro, ma non le altre. Le campagne di opposizione delle associazioni dell’economia e delle lobby all’attuazione e alle sanzioni nel campo dell’uguaglianza salariale. Hanno dapprima lasciato che le misure affondassero e non hanno agito per attuare le misure volontarie che hanno annunciato. Inoltre si pone la questione riguardo a ciò che le aziende vogliano nascondere opponendosi con così tanta veemenza contro una maggiore trasparenza nell’ambito delle disparità salariali.

 

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